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Recensione: “Limes 11/22 America?”

Buongiorno a tutti sono Elena e grazie di essere su Life is like a wave who rises and falls. Oggi vi parlo dell’ultimo Limes.

Limes 11/22 America?

Gruppo Editoriale Gedi, 2022

ISBN: 978-8883719998, 300 pp.

Il numero indaga la crisi d’identità interna agli Stati Uniti. I litigi su armi e aborto, l’aumento della violenza, la crescente intolleranza che blocca la politica sono sintomi superficiali di un malessere più profondo. Negli ultimi decenni, la società si è frammentata al punto che gli americani sentono minacciato il proprio stile di vita non dagli sconvolgimenti internazionali, non da potenze straniere, bensì da altri connazionali.

L’America non è più sicura di essere America. Questione semplicemente cruciale per il resto del mondo, in particolare per i paesi europei che partecipano del sistema guidato da Washington. E già foriera di conseguenze, come dimostra l’aggressione russa all’Ucraina, impossibile se la prima potenza del globo non fosse stata percepita debole.

La prima parte, «Nell’occhio del ciclone», descrive le forme e risale le cause della crisi d’identità. La tempesta viene esaminata da vicino in molti degli Stati chiave, dal Texas alla California, dalla Georgia alla Pennsylvania. Con un occhio ai separatismi interni, come segnala il progetto Greater Idaho. Pur non parlando di necessario declino, viene inoltre affrontato l’inevitabile impatto della discordia sull’impero esterno degli Stati Uniti.

La seconda parte, «Duelli per l’anima dell’America», illustra le battaglie sulle questioni identitarie. La storia, sempre più campo di battaglia per imporre idee opposte dell’America. La crisi delle università, descritta come una minaccia per la sicurezza nazionale. La decisiva sfida per l’integrazione degli ispanici. La proliferazione di versioni alternative e inconciliabili della verità («complotti»). La persistenza dell’eccezionalismo nella politica estera di un’élite sempre più inaccessibile al resto della popolazione. Con i possibili scenari della violenza politica e di una nuova secessione.

La terza parte, «Sguardi eurasiatici», offre un aggiornamento sulla guerra d’Ucraina dalla prospettiva della Russia, un punto di vista dalla Germania sull’Europa nel caos e una proposta per aggiornare i rapporti Italia-Stati Uniti alle crisi attuali.

Il Sommario:

Lezione di Yoda – Editoriale

Parte 1 – Nell’occhio del ciclone
‘Usciremo più forti dalla tempesta’ – George Friedman
Fiamme sulla collina: l’America in crisi assedia sé stessa – Federico Petroni
‘Usa vs Usa’ – Michael Beckley
La politica in America non funziona più – Fabrizio Maronta
Il Midwest ferito può spaccare gli States – Giacomo Mariotto
Il sogno californiano – Kenneth P. Miller 
L’importanza di sentirsi texani – Walter L. Buenger
‘Spostiamo il confine dell’Oregon per fondare il Greater Idaho’ – Matt McCaw
Pennsylvania, lo Stato chiave – Kenneth J. Heineman 
Georgia, piccola America in tempesta – James C. Cobb
Guerra sul Colorado River – Nicolas Lozito

Parte 2 – Duelli per l’anima dell’America
Un popolo di secessionisti cronici – Richard Kreitner
L’innata paura americana dell’apocalisse – George Friedman
Il potere disperso – Greta Cristini
Come avverrà la prossima secessione – Francis H. Buckley 
L’America feroce rischia le tenebre – Jacob Ware
Il complotto come strumento del potere – Lorenzo Di Muro
Niente innocenza, niente impero – Giuseppe De Ruvo
‘La crisi delle università è una minaccia alla sicurezza nazionale’ – Niall Ferguson 
La guerra delle pedagogie spacca l’America – Elia Morelli 
La galassia ispanica spaventa l’impero – Lorenzo Noto
Eccezionale, non masochista. L’America gioca per sé – Jeremi Suri 
Idee al potere e potere alle idee: le origini dei neocon – Agnese Rossi

Parte 3 – Sguardi eurasiatici
Il bosco e gli usignoli – Orietta Moscatelli e Mauro De Bonis
‘La Germania deve imparare a guidare’ – Herfried Münkler 
La Grande tattica per rilanciare l’Italia passa dagli Usa – Carlo Pelanda

Autori

La storia in carte – a cura di Edoardo Boria

Classificazione: 5 su 5.

Reading time: dal 23 al 29 dicembre 2022.

Lettura n° 49 del 2022.

Mi ripeto per l’ennesima volta ma più leggo Limes e più ci capisco più mi piace. Non è il tipo di lettura che intrattiene ma è quello che ti fa imparare, che fa luce su ciò che accade nel mondo. Anche se non “è bello” leggere Limes è da leggere perché ogni numero approfondisce un tema contemporaneo. Quello del mese di novembre è dedicato all’America, gli Stati Uniti, che non sono poi così uniti e qui è dimostrato bene. Negli USA è nata la cancel culture e dopo aver letto questo numero si capisce bene perché un movimento del genere sia nato proprio lì. Il clima tra i vari stati è teso, più di quanto i mass media ci mostrano e qui capiamo un po’ meglio cosa sta succedendo.

Gli articoli interessanti sono tutti in questo numero, ma mi hanno colpito in particolare quello di Friedman, quello più filosofico di De Ruvo, di Ferguson, di Morelli, di Suri che evidenzia le visioni dei vari presidenti americani.

Sono sempre più contenta di essermi regalata l’abbonamento perché finché resta così di qualità è bellissimo. Per una persona curiosa come me e che ritiene importante la lettura uno strumento del genere per capire di più il mondo è uno strumento da usare.

#IoLeggoLimes

Ma saremmo sconsiderati se mentre tutto è in discussione restassimo prigionieri del presente. È il momento di defamiliarizzarci. Letteralmente, emanciparci da ciò che ci è familiare e rischia di obnubilarci mentre la storia prende a correre. Per interpretarla occorre scartare le verità ricevute, irricevibili perché scadute. Accumulate in tempo altro, ostacolano lo sguardo sul presente accelerato.

Lucio Caracciolo, Lezione di Yoda

Lo spartiacque che distingue una nazione solidale da una in disfacimento è la percezione della realtà fondata su un alfabeto comune.

Lucio Caracciolo, Lezione di Yoda

Siamo un paese inventato e pertanto dobbiamo costantemente reinventarci.

George FRIEDMAN, ‘Usciremo più forti dalla tempesta’

Se si ha una relazione e non funziona, la risposta non è imprigionare l’altra persona, ma trovare un modo per renderla felice e soddisfatta, anche a costo di lasciarla andare.

Matt MCCAW, ‘Spostiamo il confne dell’Oregon per fondare il Greater Idaho’

La natura delle cose può essere colta soltanto all’appressarsi della loro fine.

George FRIEDMAN, ‘Usciremo più forti dalla tempesta’

Morire per mano di ciò che capisci è diverso da morire per mano di qualcosa che va oltre la tua immaginazione. Libera la mente al terrore.

George FRIEDMAN, L’innata paura americana dell’apocalisse

Il mito è fondamento della potenza. Serbatoio di possibilità per ogni attore che si voglia pienamente storico. I momenti in cui una comunità si ripiega su sé stessa, scavando nel suo passato alla ricerca di un mitologema, sono geopoliticamente decisivi: è grazie a questo scavo archeologico, infatti, che le grandi potenze riportano alla luce un credo, una certa idea di sé che, in larga parte, determina il loro modo di porsi di fronte al mondo e alla storia. Allo stesso modo, la messa in discussione di un mito – specie se fondativo – significa che una comunità, nelle profondità della sua psicologia collettiva, sta rivalutando le sue priorità.

Giuseppe DE RUVO, Niente innocenza, niente impero

Probabilmente, il fenomeno sociale che più di tutti è sintomatico di questa messa in dubbio dell’innocenza americana è quello della cosiddetta cancel culture. Nel ripercorrere la nozione di innocenza in Emerson, avevamo mostrato come essa si configurasse innanzitutto come un particolare rapporto con il proprio passato, ovvero come capacità di riassorbire il male commesso in vista di una missione futura. La cancel culture intende rompere esattamente questo processo: il (presunto) male commesso «non può» essere sopportato, «dunque deve essere cancellato». L’operazione, allora, è quella di ricercare nella storia (che sia politica, letteraria, cinematografica eccetera) le tracce del male, in modo da cancellarle, «rendendo il passato adatto al (proprio) presente».

Giuseppe DE RUVO, Niente innocenza, niente impero

Negli ultimi decenni il mondo accademico americano è andato incontro a un’inequivocabile trasformazione. La svolta verso sinistra è in corso da tempo, ma di recente si sono iniziati a mettere in discussione anche i valori fondamentali dell’università, come libertà di ricerca e di parola. Oggi il dibattito è limitato da criteri woke, che stabiliscono ciò che può e non può essere detto. L’accademia è diventata politicamente omogenea. Non è un caso che soltanto l’1% dei docenti si identifichi come conservatore.
Sta succedendo tutto molto in fretta. La deriva a sinistra, in corso dagli anni Sessanta, è stata un processo più o meno ininterrotto, mentre la svolta illiberale ha preso avvio da poco tempo e mi preoccupa molto di più. Accetterei un sistema universitario prevalentemente progressista se la minoranza di accademici conservatori potesse esprimere liberamente la propria opinione. Ora non è più così. Quando si ostacola l’autonomia d’indagine, e certe opinioni o domande diventano semplicemente proibite, l’accademia smette di assolvere alla sua funzione. Perfino nel campo delle scienze teoriche. In questa cultura c’è qualcosa di soffocante, che danneggerà inevitabilmente anche il lavoro di fisici e biochimici.

Niall FERGUSON, ‘La crisi delle università è una minaccia alla sicurezza nazionale’

È sempre molto rischioso avere un’élite con competenze tecnologiche non radicate in un sistema di valori.

Niall FERGUSON, ‘La crisi delle università è una minaccia alla sicurezza nazionale’

Ho sempre avuto un approccio onnivoro alla lettura. Le persone devono sentirsi ogni giorno di fronte a una montagna di pagine stampate, fatta di opere celebri e sconosciute, che non riusciranno mai a scalare. Oggi il vero problema è la quantità di libri letti, che sta chiaramente diminuendo.

Niall FERGUSON, ‘La crisi delle università è una minaccia alla sicurezza nazionale’

L’UE è molto più di un’alleanza tra nazioni ma molto meno di un’unione tra le stesse.

Carlo PELANDA, La grande tattica per rilanciare l’Italia passa dagli USA
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